domenica 14 dicembre 2014

Navigando e curiosando nel web ho trovato alcuni blog particolarmente interessanti soprattutto per aspiranti insegnanti come me :)

http://www.profduepuntozero.it/2010/12/07/raccontategli-il-sogno-di-unantica-speranza/
http://zainetto2.blogspot.it/ ( utile anche per i profilo didattico di noi futuri insegnanti)
https://insegnantiduepuntozero.wordpress.com/

Scuola: ma siamo sicuri che il problema siano solo i soldi?

http://nonvolevofarelaprof.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/04/19/scuola-ma-siamo-sicuri-che-il-problema-siano-solo-i-soldi/

Dal blog di Mariangela Galatea Vaglio che si descrive cosi :

" Sono nata nel 1972, mi sono laureata in Lettere Classiche, ho fatto per alcuni anni la giornalista. Poi ho vinto il concorso per insegnare a scuola, alle medie, e ho aperto un blog 
Frequento le aule scolastiche per mestiere e la rete per passione, divertendomi molto a fare entrambe le cose. Dato che questo blog le mette assieme, spero di divertirmi a scriverlo ancora di più."

"Ennesima tabella di confronto con i paesi europei, ennesimo scappellotto: l’Italia (non è una novità, ma una triste conferma) per la cultura e scuola spende poco, pochissimo. Molto meno, per dire, di Stati che hanno un patrimonio artistico ridicolo in confronto al nostro. E’ per questo, si dice, che la scuola italiana è di bassa qualità: ci sono pochi investimenti, pochi fondi.
E’ vero. O meglio, è vero che la scuola arranca. Non è del tutto vero che sia “di bassa qualità”, come viene dato per scontato ogni volta negli articoli: il problema della scuola italiana, semmai, è che è di buona e media qualità, talvolta anche alta ed altissima, ma questa qualità è distribuita a casaccio, a macchia di leopardo, proprio perché, non essendoci in realtà finanziamenti certi e investimenti strutturali e strutturati, le scuole si reggono sulla buona volontà del corpo docente che capita in servizio, e quindi se un anno in un istituto ti ritrovi con personale motivato e disposto a fare anche senza finanziamenti, la cosa funziona, se invece l’anno dopo il personale cambia o non è più disposto a lavorare molte ore gratis e solo per la gloria va tutto a catafascio e amen.
I soldi, dunque servono: servono per dare continuità ai progetti, servono per far funzionare a regime le sperimentazioni inventate per spirito di servizio dai docenti e dai dirigenti illuminati, servono per l’organizzazione ed il mantenimento delle buone pratiche.
Ma non sono solo quelli il problema. Il problema fondamentale, secondo me, è che noi tutti, docenti, dirigenti, anche genitori, vorremmo sapere e capire, prima di avere i soldi e presentare i progetti, che cavolo di scuola si vuole in Italia.
Perché vi giuro, da addetta ai lavori che ormai da anni lavora nel settore, io, per esempio, non lo so. Abbiamo avuto diverse riforme, e Ministri dell’Istruzione che si sono succeduti in governi fra i più vari. Ma quale sia l’idea che sta sotto alla scuola italiana di oggi, l’idea didattica fondante, il progetto non l’ho capito.
A scuola, come in ogni altro settore dell’economia italiana (e la scuola è un settore dell’economia, anzi, è quello che deve dare il la allo sviluppo economico) si naviga a vista, e ognuno un po’ facendo come gli pare. Le indicazioni ministeriali e le riforme arrivano, vengono applicate anche, ma un po’ così come capita, anche perché un po’ così come capita paiono fatte. Un anno ci dicono che dobbiamo digitalizzarci, e noi ci digitalizziamo: mettiamo le lim in classe, ci arrivano i nuovi libri in formato ebook, ci dicono che quello è il futuro ma non ci mandano un “foglio del come”, fidandosi nell’italica arte di arrangiarsi ad imparare cosa serve, o sul tacito patto che il docente che non vuole in realtà adottare la novità si limiterà ad adottarla per pro forma continuando a fare come ha fatto prima.
Ci dicono che gli alunni devono imparare a rispondere ai test INVALSI, secondo i criteri OCSE PISA, ma poi a cosa servano gli INVALSI non è neppure ben chiaro nella scuola, vengono inseriti come prova agli esami di terza media non si sa perché, gli altri dati restituiti alle scuole dove come al solito sta alla buona volontà del docente farsene qualcosa, e la valutazione dell’istituto che dovrebbe dipendere da loro non si sa come verrà fatta e che ricadute pratiche avrà.
Ci dicono che la scuola per dimostrare di essere dinamica deve fare progetti, ma, a parte che poi si tagliano i fondi per finanziarli, non è chiaro come venga poi valutata la ricaduta pratica di questi progetti stessi: perché se io durante l’anno faccio cinque progetti bellissimi ma poi nella mia classe i ragazzini non sanno distinguere un complemento oggetto da un predicato sono io una insegnante più valida di quella che non fa nessun progetto ma gli insegna la banale sintassi?
E il mio ruolo del docente, qual è? Mi dicono che devo essere più severa e bocciare di più? Ok, ma quelli che non ce la fanno, magari non solo per cattiva volontà loro ma per problemi sociali e famigliari pregressi? Li boccio e basta, confidando che qualche altra istituzione dello Stato se ne faccia carico, e ci sia qualcuno che applica quel famoso articolo della Costituzione che dice che gli ostacoli economici e sociali vanno rimossi per garantire a tutti i cittadini la libertà? Non li boccio, ma non avendo soldi per corsi di recupero che aiutino loro a colmare le lacune, li mando allo sbaraglio promuovendoli a caso, e così facendo mi assumo la responsabilità di abbassare il livello medio dell’istruzione impartita?
E i miei obiettivi, come insegnante, quali sono? Un livello medio stantard uguale in tutti gli istituti, per cui io mi devo limitare ad insegnare ai ragazzini le tecniche per rispondere ai test che certificano le loro competenze, e se lo faccio sono una brava insegnante, oppure un apporccio creativo, che magari li renda un po’ meno veloci a rispondere ai test, ma insegni loro il pensiero creativo e critico? Un mix fra i due? Ma poi questo “mix” come fa ad essere valutato e controllato, se poi ho un sistema valutativo a test che raramente riesce a tener conto di altri aspetti?
Ecco, io, prima ancora dei soldi, vorrei delle risposte. Delle risposte qualunque, dal Ministero, che mi spiegassero in maniera chiara e una volta per tutte, che idea di scuola e di apprendimento si ha e si vuole applicare. Perché dopo io, al limite, da bravo soldatino, la applico, anche. Ma se si vuole che i docenti siano motivati, che sappiano cosa fare esattamente in classe e lo facciano, bisognerebbe anche che qualcuno, finalmente, ci convocasse ad un tavolo e ce lo spiegasse. Perché così, con riforme e circolari che arrivano ad ogni piè sospinto e dicono di applicare ora un modello educativo e didattico ora un altro, ora nessuno, noi per primi siamo spiazzati, in classe e con i ragazzi.
Quando si dice che gli insegnanti sono demotivati, è vero. Parte della nostra insoddisfazione è dovuta al fatto che siamo diventati meri esecutori, ma non capiamo nemmeno bene di cosa. Ci proviamo, andando in classe, ma non abbiamo nemmeno la certezza assoluta che la nostra interpretazione sia quella giusta e quello che progettiamo per la nostra classe sia del tutto corrispondente allo spirito o alla sostanza delle direttive.
E questo non perché siamo fanulloni poco aggiornati e resistenti al cambiamento, ma perché proprio il cambiamento nemmeno si capisce esattamente in cosa consista e cosa sia. E’ come se ci dicessero che dobbiamo andare in un posto, ma non ci dicessero quale e come ci si deve arrivare.
Insomma, io credo che il problema della scuola italiana non siano “solo” i soldi. E’ che bisognerebbe che qualcuno discutesse  poi decidesse che cosa è la scuola, a che cosa serve e come va di conseguenza impostata. Ci vuole un confronto e una riflessione: aperta, franca, di quelle che anche finiscono in rissa, ma chiarificatrice. Non solo fra politici e parlamentari, e neanche solo fra Governo e Sindacati. Bisogna proprio che se ne parli con il corpo docente, che si ascolti, che si spieghi, che si decida un modello nuovo e valido per tutti, per poter ripartire da quello come base condivisa.
Finché non ci sarà questo, continueremo con le riforme applicate un po’ qua e un po’, là, le resistenze, le incomprensioni, i progetti bellissimi ma estemporanei, il dover impapocchiare le cose alla bell’e meglio per far finta che le direttive vengano applicate.
Poi, secondo me, i soldi in qualche modo si trovano e le cose si fanno. Ma prima bisogna decidere cosa e come fare, uff."

lunedì 27 ottobre 2014

Una metafora per il web!


L'immagine che mi piace utilizzare in riferimento al web è quella di un puzzle. Il puzzle è un gioco in cui bisogna incastrare tra loro dei pezzi di cartone di piccole dimensioni per creare un’immagine unitaria.
Come un puzzle anche il web è composto da tanti piccoli “pezzi”.
Questi” piccoli pezzi” sarebbero le risorse  che ognuno degli utenti inserisce  sotto-forma di blog, commenti,video,ecc. e che poi completato, nella sua complessità ed unitarietà andrebbe a costituire quella grande risorsa  che è il web e di cui gli stessi utenti che la costituiscono ne usufruiscono.



domenica 26 ottobre 2014

"Raccontategli il sogno di un'antica speranza"

Navigando sul web e nel blog di Alessandro D'Avenia:.http://www.profduepuntozero.it/2010/12/07/raccontategli-il-sogno-di-unantica-speranza/

Riflettendo sui cambiamenti..

Cambierà tutto non cambierà niente


20/10/2011
In un vecchio film, che ho amato da bambino, un ragazzo scolasticamente demotivato, ma hacker motivatissimo, entra nel sistema informatico della scuola e modifica i voti della pagella e, in una catena di eventi imprevedibili, scatena una quasi Terza Guerra Mondiale.

Ero solo in seconda elementare e quella possibilità (la pagella modificata, non la Guerra Mondiale) mi piaceva. Vedremo qualcosa di simile ora che le pagelle si leggeranno soltanto on-line?

Da quando il web è entrato a scuola ne stiamo vedendo di tutti i colori. Per lo più colori piacevoli. Come insegnante faccio uso del registro elettronico da un anno e non devo più preoccuparmi dei soliti errori. Risparmio tempo e sono piacevolmente costretto alla trasparenza. Se inserisco un'assenza alle 8,05, la mamma di Annibale lo sa alle 8,06. Se invece è presente e gli ho dato un 8 o un 4, lei si organizzerà per preparargli la dovuta accoglienza a pranzo... Non devo più assicurarmi, con tecniche più o meno oblique, che i genitori sappiano. Se hanno un pc e una mail: sanno.

Ai ragazzi sembra un Grande Fratello scolastico che non consente più quella furba e a volte perversa inventiva nella comunicazione di trionfi e insuccessi, così da evitare punizioni intempestive e favorire premi sempre tempestivi. Forse si perde qualcosa in termini di fiducia e responsabilità personale, ma viva la rapidità e trasparenza di comunicazione a scuola: i professori devono dare i voti; le famiglie sapere.

Il web adesso diventerà protagonista anche per le pagelle. Per risparmiare sulla carta il governo ha deciso di privarci di quel rito salutare e inquieto della consegna della pagella cartacea, che comporterebbe la presenza di almeno due professori che incontrano il genitore (e il ragazzo, se vuole), anche se più spesso ci si accontenta di una già anonima segreteria.

Ho visto genitori commuoversi di fronte al trionfo del figlio; genitori scappare vergognandosi come ladri di fronte al fallimento dello sciagurato. Se questo elemento di umanità trionfante o ferita, nella consegna della fatidica pagella, si è già perso nella maggior parte dei casi, non vedo nessun problema al risparmio di questa benedetta carta (per non parlare di quelle scuole dove le pagelle si compilano a mano e il professore si trasforma in una specie di impiegato da romanzo di Kafka). E troppa se ne spreca di carta a scuola, credetemi. Magari si potessero pubblicare sul web anche le circolari e le comunicazioni burocratiche. Sarebbe una bella educazione pratica, come quelle scuole con i cestini differenziati.

Risparmieremo milioni di pagelle, e di euro. Ma perderemo anche il gusto un po' vintage di un rito tremendo e dolce insieme. Tutto si consumerà freddamente davanti ad un computer. I genitori scruteranno quei voti come si fa con un giornale on-line e non potranno conservare orgogliosi quei documenti nel cassetto dei trionfi filiali. Qualcosa di umano mancherà, come per tutto ciò che si virtualizza, ma i benefici mi sembrano prevalere. Hacker a parte.

Cambierà tutto, ma non cambierà niente. Non esiste niente di più gattopardesco della scuola. Risparmieremo carta, e di quella raffinata, perché quella delle pagelle è un po' speciale. Risparmieremo milioni di euro. Bene, ma... aspetto il giorno in cui un decreto per lo sviluppo annuncerà che oltre a risparmiare, si investirà sulla scuola, cioè sui professori: altrimenti fra poco sarà necessario mettere sul web anche quelli.

scrittore, giornalista e insegnante

martedì 14 ottobre 2014

La scala Forrester

Soffermandomi  a  riflettere sull’ uso del web oggi, non è stato per me difficile notare le numerose e diversificate modalità con cui la popolazione  usufruisce di questo strumento in relazione alle quali  è possibile evidenziare il diverso atteggiamento assunto dai frequentatori. Per quanto concerne la Scala Forrester, essa  rappresenta uno strumento molto utile per analizzare usi e abitudini della popolazione online.
Analizzando i diversi livelli di questa scala e cercando di collocarmi al suo interno, ho notato come in relazione all’ uso che io faccio del web sia difficile scegliere una sola delle sei categorie presenti.  Escluderei sicuramente l’atteggiamento di inattività: l’importanza assunta dal web oggi e la necessità  legata al suo utilizzo non permettono a me, come credo alla maggior parte della popolazione, di rimanere estranea a questo strumento. Mi ritengo piuttosto una partecipante attiva del web , utilizzato soprattutto come strumento per informarmi e attraverso il quale lasciare il mio parere, discutendo online su questioni di diverso genere. Utilizzo il web anche per ricercare,leggere e ascoltare contenuti relativi ai più svariati ambiti cercando di arricchire le mie conoscenze.Non rimane a me estraneo l’uso del web connesso ai social network con i quali potersi tenere in contatto con i suoi utenti sempre più numerosi. La creazione di questo blog mi ha permesso,inoltre, di rientrare  nella categoria di creatori, scoprendo le modalità nuove o a me sconosciute  con cui questo strumento può essere utilizzato.